Da Firenze le idee per il futuro del settore

Dalla giornata dei Maestri Ottici alle realtà storiche del settore per giungere fino al Graziella Pagni Award. Ancora una volta Firenze e palazzo Borghese si ritrovano nel segno della tradizione e dell’innovazione del comparto ottico e dell’occhialeria

L’anno scorso il Covid ci aveva tutti confinati e così anche il Graziella Pagni Award, il premio internazionale dedicato all’innovazione nel campo dell’occhialeria, e l’annuale ritrovo per la premiazione dei Maestri Ottici avevano visto per la prima volta una edizione un po’ particolare rispetto al solito. Una edizione on-line che se da un certo punto di vista aveva permesso di tenere alta la tensione sull’evento e sui risvolti che comporta, dall’altro ci aveva fatto sognare di essere ancora una volta presenti nella abituale cornice di Palazzo Borghese a Firenze. Quest’anno, anche correndo qualche piccolo rischio organizzato, Eidos Communication che organizza ogni anno l’evento con la collaborazione dell’Associazione Italiana Ottici ed Optometristi* (AIO), della rivista *L’Ottico* e da quest’anno anche con il supporto di “MIDO”, ha deciso che si sarebbe andati a Firenze e che ci si sarebbe trovati di persona.
In presenza, come si dice oggi.
E così è stato. Questo ha rinnovato la possibilità di condividere pensieri, emozioni e molto altro ancora. Non ultima la possibilità di vedere da vicino gli occhiali scelti dalla giuria per le tre categorie destinate ad essere votate dai presenti. Come tradizione, design, fashion e innovazione erano le tre aree cin cui i nove occhiali selezionati si sono dati battaglia fino all’ultimo voto. Perché dobbiamo dirlo bene le differenze in termini numerici sono state davvero piccole. Segno che la lotta e la qualità dei prodotti scelti era davvero alta e soprattutto omogenea.

Rivedersi alla fine è stata una vera e propria festa per il mondo dell’ottica e dell’occhiale che finalmente ha trovato il modo di riunirsi e far tornare alto lo spirito di corpo di un settore che nel nostro Paese rappresenta una eccellenza di cui andare fieri.

Così a fine ottobre accanto alla competizione dedicata al mondo degli occhiali, si è svolta la XXVII giornata dei Maestri Ottici. Come tradizione è stata la Galleria Imperiale di Palazzo Borghese a ospitare gli intervenuti. Tradizione quindi rispettata, anzi rinvigorita. Quest’anno a certificare la continuità di una formula fortunata e felice è stata la presenza di Mario Casini, presidente AIO (Associazione Italiana Ottici e Optometristi), che con il nostro direttore Giovanni Susti e Roberto Pregliasco, Business Retail Coach, si sono assunti l’onere e l’onore di gestire un incontro durato oltre due ore , ricco di emozioni e avvenimenti.

Altra tradizione rispettata la presenza di Omisan farmaceutici, sponsor unico dell’evento. L’impegno di Omisan farmaceutici è strettamente diretto allo sviluppo, alla produzione e commercializzazione di dispositivi medici oftalmici per le differenti esigenze della cura dell’occhio e delle lenti a contatto. Abbiamo detto dei tre punti fermi dell’incontro (Casini, Pregliasco e Susti) cui si sono aggiunti altri due importanti ospiti: Alessia Bellotti, Marketing Manager di Omisan Farmaceutici, Stefano Tottone, Commerciale di Schalcon (altra realtà specializzata nei prodotti per la protezione e la cura dell’occhio) e Francesco Gili, Chief Operating Officer di MIDO che ha portato le indicazioni sull’organizzazione della manifestazione, che si terrà fra meno di due mesi a Milano, e che ha vissuto in prima persona tutto il travaglio dell’annullamento di MIDO 2020 e l’organizzazione, partendo da zero, dell’edizione on line della più importante fiera mondiale del settore.

Per quanto concerne Bellotti e Tottone, la presenza a Firenze era rappresentata dal cambiamento che interessa le due realtà specializzate in questo settore. In particolare la scelta di unire le proprie forze, diventando in questo modo una realtà ancora più importante e soprattutto in grado di offrire un catalogo prodotti estremamente ampio e variegato. Così da poter soddisfare le esigenze di qualsiasi ottico in materia di scelta della propria offerta per gli utilizzatori finali.

L’incontro è stato organizzato in due parti. La prima, di carattere più istituzionale ha visto il Presidente di AIO Mario Casini consegnare i diplomi d’onore di “Maestro Ottico” a chi ha alle spalle almeno 30 anni di diploma di abilitazione. Accanto ai Maestri Ottici sono stati premiati con il distintivo AIO 57 ottici optometristi provenienti da 15 regioni italiane e anche a 20 negozi storici AIO, tra cui ben tre realtà con oltre un secolo di attività alle spalle. Il mondo dei negozi storici è una parte importante del patrimonio di settore Italia. Perché se ci pensate bene non sono molte le attività al dettaglio che possono vantare decenni di tradizione. Tradizione che diventa storia visto che parlano di amore e dedizione a un comparto e un lavoro. Nello specifico si tratta di negozi storici che in alcuni casi affondano le radici addirittura nel XIX secolo e che nel corso della loro esistenza sono stati in grado di arrivare ai giorni nostri anche grazie alla capacità di interpretare cambiamenti epocali come le due guerre mondiali o eventi naturali nonché cambiamenti radicali e sicuramente fondamentali nel costume e nella tecnica.

Forse tanta storia e tradizione potrebbero essere messe sotto il termine di “nobiltà dell’occhialeria” perché sicuramente hanno saputo seguire e creare un solco che in alcuni casi è lungo di più di cento anni! La longevità è stata anche la traccia su cui si è mossa la rivista Spex!, che da parte sua ha premiato alcuni Ottici Optometristi con una anzianità professionale fra i 40 e i 60 anni. Sempre a Spex! e al suo editore è stato assegnato il compito consegnare il premio “Eyewear Designer Award”, andato a due giovani designer che si sono distinte per grande creatività e intraprendenza. Due giovani che sicuramente vedremo in futuro stabilmente fra le stelle del firmamento del nostro comparto.

Mentre si svolgevano le attività appena descritte, proseguivano le votazioni per stabilire i vincitori del Premio Graziella Pagni 2021, giunto alla sua decima edizione. Si tratta del noto contest internazionale dedicato al mondo dell’occhialeria indipendente. Obiettivo del concorso è dare visibilità e lustro alle aziende più creative e innovative di questo settore. Il premio segue un iter articolato che prevede una giuria preliminare a Vicenza e un finale a Firenze. Entrambe le giurie erano presiedute dall’architetto e designer Cosimo Sedazzari. Inutile dire che per garantire la massima trasparenza tutte le fasi preliminari del premio erano monitorabili in presa diretta sul gruppo Facebook “Filiera Produzione Occhiali”, vero punto di incontro per operatori, ottici e appassionati del settore. Alle tre categorie storiche ( Design, Fashion e Innovation) quest’anno sono stati aggiunti due riconoscimenti ad hoc: Gran Premio della Giuria e Gran Premio dell’eleganza.

I premiati del Graziella Pagni Award

Per la Categoria Design
1° “Jean-Francois Rey” con la collezione J.F. Rey
2° “Piero Massaro” con la collezione Pixel
3° “Vava Eyewear” con la collezione AW 21/22

Per la Categoria Fashion
1° “Prophilo” con la collezione Oscar Mamooi
2° “Open Channel” con la collezione Kreuzbergkinder
3° “Ingrovision” con la collezione ViaGuinigi Acrylic

Par la Categoria Innovation
1° “Mar.Vas” con la collezione Bust Out
2° “Dolpi” con la collezione Cinema Cento
3° “Xylomia” con la collezione Legno e Fibra di carbonio

I due premi speciali, infine, sono andati a
Gran Premio della Giuria
“Acoesis” con la collezione Glassense
Gran Premio dell’Eleganza

“Good’s” con la collezione Dymenzion-x


Fabiana Grieco designer
Fabiana Grieco è una giovane designer che ha partecipato al Graziella Pagni Award ed è stata premiata per le sue scelte in tema di design da parte dei responsabili della rivista Spex.

Fabiana Grieco, lei è una giovanissima designer che ha partecipato al Graziella Pagno Award facendosi notare per il suo lavoro di grande impatto. Quali le sensazioni?
“ Sì è vero sono giovane, visto che ho vent’anni. Ma la mia vita è stata sempre segnata dal mondo dell’occhiale, sulla scia del lavoro di mia mamma. Da bambina mentre le mie coetanee disegnavano animaletti, bambole, a me piaceva disegnare occhiali. È una passione fortissima, che mi ha portato a provarci, per il desiderio di raccontarmi. Ho iniziato disegnando qualcosa e poi sono arrivata qui, molto velocemente devo dire.

A questo punto quindi il futuro è tracciato?
“Per certi verso posso dire di sì, anche se il mio non è un futuro nel mondo dell’ottica, ma in quello dell’occhiale. Anche i miei studi non sono indirizzati all’ottica. Sto andando verso la laurea in lingue, con la specializzazione di marketing e comunicazione.

Il marketing e la comunicazione fanno parte del lavoro di un designer.
“Sì, è vero, anche se questi occhiali sono proprio la mia proiezione. Qui ho messo tutta me stessa, i miei pensieri, i miei desideri, il mio modo di essere. Questi occhiali mi rappresentano in modo completo. Questo riconoscimento al mio lavoro, quindi, è ancora più gradito proprio perché significa che sono riuscita a trasmettere ciò che sono a chi aveva il compito di selezionare i lavori più interessanti.

Michele Schirone – ottica Schirone

Fra i premiati della manifestazione di Firenze c’è anche Michele Schirone, ottico pugliese, che ha festeggiato i suoi primi 50 anni di abilitazione professionale. Michele Schirone oltre che ottico rinomato nella sua Puglia, è anche produttore di occhiali con la sua 1946 Eyework, che sta conoscendo un importante successo commerciale.

Dr. Schirone, cinquant’anni di lavoro sono un traguardo importante.
“Si tratta di una somma di emozioni: da una parte la conferma che il tempo passa, per tutti, ma passa. Dall’altra la consapevolezza che è stato speso bene e che sono state fatte cose importanti. Se poi la tradizione di famiglia continua, allora i lati positivi superano di gran lunga quelli legati al tempo che passa.

Verrebbe da dire che nel caso di Michele Schirone il tempo è stato speso davvero molto bene. Anche considerando che la creazione di 1946 Eyeworks rappresenta il sigillo a una professionalità indiscutibile.
“Devo dire che la nascita di 1946 Eyeworks e il suo successo sono la conferma che non ho sprecato il mio tempo. Ho avuto molte persone che hanno iniziato con me e che poi hanno creato strade proprie e che in qualche caso hanno dimostrato di essere discepoli più bravi del maestro. Per me è un fatto positivo, non solo perché è il segno che come maestro sono stato cedibile, ma anche perché significa che sono riuscito a trasmettere la passione per questo lavoro. L’amore per quello che si fa, è la cosa più importante.

Fatto sta che questa passione è sfociata in una fabbrica di occhiali che è stat aperta nella meravigliosa Puglia, cioè lontano dai luoghi canonici dell’occhialeria italiana.
“ Sinceramente non so se si debba parlare di passione o di incoscienza! Non l’ho ancora capito. Devo però dire che nella mia vita ho fatto molte scommesse e questa è una di quelle vinte meglio. Mi sta dando molte soddisfazioni. L’azienda cresce bene e il prodotto sta conoscendo un buon successo, sia in Italia, che fuori dai nostri confini. Nord Europa e America sono mercati che ci stanno garantendo soddisfazioni e prospettive

Aspetto interessante in questa vicenda è che Schirone è sia produttore che venditore, con i propri negozi di ottica, del prodotto occhiale.
“Credo che sia un punto di forza non indifferente: perché conoscendo il prodotto lo costruisci nel modo che ritieni sia il migliore. E stando anche nel ruolo di propositore il pubblico riesci a far comprendere al meglio la forza del tuo occhiale, dei motivi che per te lo rendono migliore rispetto ad altri. Anche questo è un modo per fare arrivare il tuo messaggio e la passione che c’è dietro ad ogni singolo articolo. Compreso il fatto che si tratti di un prodotto totalmente italiano e che quindi sia rispettoso delta nostra tradizione.

Francesco Gili – Mido

In qualità di Chief Operating Officer di Mido la partecipazione di Francesco Gili alla kermesse fiorentina ha assunto un ruolo di grande rilevanza. Questo perché oltre a rappresentare la più importante manifestazione fieristica al mondo nel settore dell’occhialeria, Francesco Gili ha avuto modo di ricordare i momenti non certo facili che ha dovuto affrontare nel corso della pandemia da Covid 19 che hanno comportato anche l’abolizione dell’edizione 2020 della fiera milanese.


Dr. Gili, che significato ha la sua presenza in rappresentanza di MIDO a questa manifestazione?
“Per prima cosa devo dire che sono qui in rappresentanza del presidente di MIDO Giovanni Vitaloni per rappresentare e concretizzare la nostra vicinanza all’Associazione, agli ottici che rappresentano l’altra metà della nostra medaglia. Se infatti al MIDO si rappresenta il mondo produttivo degli occhiali, è anche vero che questo è possibile grazie agli ottici e ai buyer che visitano da ormai mezzo secolo la nostra manifestazione. Che non si deve dimenticare è la casa sia dei produttori che degli ottici che hanno contribuito a fondare MIDO nel 1970.

MIDO, che ha saltato a piè pari l’edizione del mezzo secolo. Come si rimedia a questo stop forzato?
“Non si rimedia. Si devo solo ripartire con lo stesso spirito che ci ha accompagnato in questi cinquant’anni. D’altra parte abbiamo provato per quattro volte a portare fra gli stand il MIDO del cinquantenario, che oltre tutto era il MIDO dei record sotto tutti i punti di vista: dagli espositori, agli appuntamenti, collegati e sono certo lo sarebbe stato anche per il pubblico, Poi la pandemia ci ha complicato la vita in modo davvero significativo. Al punto che noi abbiamo preso la decisione più difficile, che è stata annullare il MIDO in modo autonomo, senza che ancora ci fosse un decreto governativo. Che è arrivato tre giorni dopo il nostro Consiglio di Amministrazione che ha deciso per lo stop. Archiviate tutte le controversie, in modo piuttosto faticoso, stiamo cercando di capire come rinascerà il MIDO nell’era post pandemica.

Come sarà e perché parla di rinascita?
“Perché a tutti gli effetti si tratta di una rinascita. Questa edizione del MIDO per certi versi rappresenta l’edizione numero 50 della vecchia era, ma dall’altro anche la prima di una nuova stagione, che dobbiamo inaugurare e portare avanti d’ora in poi. Con tutte le difficoltà, che sappiamo dovremo affrontare. Siamo qui anche perché crediamo che questa rinascita sia l’impegno di un intero settore e quindi con gli ottici dobbiamo lavorare insieme per raggiungere lo scopo.

Quindi la sua presenza di oggi è per certi versi un viatico ala nuova era?
“Uno dei modi con cui possiamo e dobbiamo comunicare è la vicinanza al settore degli ottici optometristi che sono i fondatori di MIDO dove ho l’onore di lavorare. Non dobbiamo dimenticare che lavoriamo tutti per lo stesso settore, con gli stessi obiettivi. MIDO è da sempre l’esempio della internazionalità. Ma è proprio l’internazionalità a farci soffrire di più. Perché quando il traffico internazionale, i commerci mondiali si fermano anche noi ne siamo vittime. Se fossimo una fiera più piccola non avremmo problemi da affrontare. Il DATE che ha un respiro nazionale è andato benissimo, a conferma che la vivacità del settore in Italia c’è, Il problema sta ancora oltre i portoni del nostro Paese. L’Asia, per intenderci, è ancora chiusa. Credo che la formula nuova che vederete, sarà ben accetta e seguirà due parole d’orine: flessibilità e velocità.

Vincenzo Ascione di Mar.Vas
Marvas con i suoi Bust Out che si è aggiudicato un ruolo da protagonista nella categoria Innovation del Graziella Pagni eyewear award, grazie alle sue cerniere reversibili è un esempio importante di come si possa fare ancora innovazione nel nostro mondo e non solo sui materiali.

Cosa vi portate a casa da questa giornata per certi versi così unica?
In primo luogo il riconoscimento della giuria e dei votanti che ci hanno portato fin qui nella categoria Innovation. Là nostra è una piccola azienda fatta di giovani e come giovani abbiamo sempre sentito il desiderio di proporre innovazione e cambiamento. Praticità e bellezza del prodotto. Così è nata questa cerniera brevettata, che ha la peculiarità di poter essere reversibile, quindi danno l’opportunità di utilizzare gli occhiali su entrambi i lati del frontale.

Cosa significa in termini pratici?
“Ad esempio che si possono avere du occhiali in uno o se preferisce due occhiali di colori differenti in un solo occhiale, questo in un settore sempre alla ricerca di innovazione e cambiamenti è senza dubbio una novità significativa che nasce dal fatto di voler proporre una opportunità in più per cambiare colore dell’occhiale senza cambiare occhiale.

Sicuramente un’idea in linea con lo staff, che è effettivamente giovane
“Sì, lo staff è giovane, ma questo non significa che sia uno staff senza esperienza. Lavoriamo sodo e lavoriamo con gli strumenti più moderni a disposizione, in materia di progettazione e industrializzazione del prodotto. Ragioniamo da giovani, ma sempre tenendo ben presenti quali sono i canoni, i vincoli e le necessità indispensabili da soddisfare quando si produce un occhiale. In questo caso, il vantaggio sta anche nell’avere più o meno la medesima età. Questo si riversa nella abitudine di confrontarci su tutto e quindi a condividere un progetto, facendolo uscire solo quando è stato gradito collettivamente.

Questo significa che dopo le aste reversibili, dobbiamo aspettarci qualche altra innovazione fuori dai canoni?
“ Mai dire mai. Sicuramente siamo sempre attenti a innovare e a proporre soluzioni in grado dirompere le abitudini consolidate. È parte dell’essere giovani. Quindi, non è detto che non ci sia già qualcosa che sta bollendo in pentola.

Chiara Rocchi di ViaGuinigi

Un altro inizio con il botto è quello di ViaGuinigi, che al proprio esordio nella categoria moda con le versioni in acrilico, conquista subito la finale del concorso. Chiara Rocchi è l’artefice principale di questa avventura nel mondo dell’acrilico che è stato subito giudicata più che positivamente dai votanti.

Inizierei dicendo che chi ben comincia è a metà dell’opera. Perché proprio l’acrilico?
“L’idea era di creare una cuvette all’interno delle collezioni ViaGuinigi che affrontasse il mondo con un piglio diverso. Da qui l’idea dell’acrilico e delle forme differenti dalle nostre tradizionali. Il tutto si è concretizzato in sei modelli disponibili in 12 colori differenti. Colori lucentissimi e particolari, trasparenti e fluorescenti. Nei nostri acrilici non esiste il nero, né i colori scuri. Abbiamo deciso davvero di approcciare il prodotto in modo differente.

In effetti anche il processo produttivo è del tutto diverso da quelli che siamo abituati a commentare o descrivere nel nostro lavoro.
“Sì, tutto molto particolare, e in questo, un grande merito ce l’ha Massimo Panetti, un falegname che ha deciso da tempo di confrontarsi con materiali differenti e innovativi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e si percepisce bene che sia un processo differente. L’acrilico è un materiale molto più duro e che si deve lavorare con procedimento che nulla ha a che vedere con altri. Anche per questo è interessante scoprire come si lavora e come si affronta: alla fine è pur sempre una sfida e come tutte le sfide affascina.

Una sfida comunque vinta che assume più valore se si considera che si tratta di prodotti 100% made in Italy.
“È vero si tratta di occhiali concepiti, progettati e realizzati in Italia in modo completo. Perfino aspetti che non sono rilevanti ai fini del prodotto in senso stretto, li abbiamo voluti rigorosamente italiani. Ad esempio, le custodie che contengono l’occhiale sono rigorosamente italiane. Non si tratta di qualcosa realizzato altrove e poi assemblato qui. I nostri acrilici sono 100% fatti in Italia. Non a caso all’interno dell’occhiale c’è una certificazione, che spiega questo particolare che non è di secondo piano. I nostri ViaGuinigi acrilici sono davvero fatti in Italia, con tutti i vantaggi di filiera che ne conseguono.

Massimo Barberis

Attraverso un intervento chiaro e estremamente preciso, Massimo Barberis ha spiegato molto bene il proprio pensiero ai presenti alla giornata AIO e Graziella Pagni Eyewear Award

Sig. Barberis quale a suo avviso l’importanza di una giornata come questa?
“In primo logo direi che è l’occasione per incontrarsi, per confrontarsi e per capire dove siamo rispetto a ciò che accade nel mondo. È una occasione per fare cultura e valore aggiunto in un mercato che sta andando sempre più verso la banalizzazione: quindi incontrarsi è fondamentale per crescere,per parlare dei nostri temi a partire da qualità e innovazione. Innovare d’altra parte è un dovere del canale che sempre più deve essere al centro di un circolo virtuoso in cui si deve investire in conoscenza, innovazione, cultura e formazione. Lo scopo è che l’imprenditore ottico della essere in gradi di trasmettere la propria storia la propria conoscenza a tutti i suoi clienti.

Quindi la lotta alla banalizzazione si fa anche con la conoscenza, l’investimento, la cultura
“ Il primo antidoto per lottare contro la banalizzazione è proprio la conoscenza, la cultura, la formazione, lo studio. Essere aggiornati ed avere una competenza completa che spazia oltre la conoscenza optometrica che pure è fondamentale. Oggi però è indispensabile avere un bagaglio culturale e formativo legato a tutte le attività di comunicazione. Si tratta di elementi indispensabili per essere un’azienda moderna-

Oggi ha affrontato un tema particolare che è il CRM
“ Fare CRM è un cambio culturale e presuppone un salto di qualità dell’impresa ottica. Deve sentire il CRM come parte integrante dei propri protocolli di vendita. Oggi la presenza, anche fra i premiati di numerosi giovani ne è la conferma. Oggi il settore sta vivendo un cambio generazionale e quindi spetta ai giovani portare innovazione e competenze. Sono un sostenitore della contaminazione e ritengo che oggi l’ottico possa e debba iniziare a guardare anche oltre il proprio perimetro con lo scopo di assorbire conoscenze e provare a contaminarsi con attività innovative. In questo i giovani hanno senza dubbio una marcia in più. Sanno creare cultura e innovazione. E non parlo solo di innovazione di prodotto ma anche culturale nel campo dei servizi verso il cliente finale.

Qui c’è la sensazione che ci possa essere contaminazione
“Sì dobbiamo andare oltre, usando l’approccio del marketing laterale, differenziando l’offerta di prodotto anche attraverso cose fuori dall’ordinario. Ma contaminazione significa anche contaminazione di approccio nel modo di avvicinare il cliente e di comunicare visto che la comunicazione è parte fondamentale del lavoro.

Dan Levi, Jean-Francois Rey

La scelta di Jean-Francois Rey di cedere la guida della propria azienda ad altri manager di settore è stata evidentemente fortunata, visto che in pochi mesi ha raccolto diversi premi a livello internazionale nel campo del design dell’occhiale. A rappresentare il designer e l’azienda produttrice, Dan Levi, uno dei manager che da pochi mesi che ha rilevato il controllo della maison francese.

La prima cosa che vien da dire è che chi comincia bene è a metà dell’opera: prima il SILMO oggi il Graziella Pagni Award per il design. Mai accordo fù più proficuo, verrebbe da dire.
“In effetti sì, anche perché oltre a Silmo e al Graziella Pagni c’è anche la finale in Giappone. Jean-Francois Rey è uno dei più grandi disegnatori di occhiali che ha alle spalle trentacinque anni di successi. Noi lo abbiamo incontrato e unito le nostre strade alla sua. Il risultato, che è sicuramente potente, è comunque frutto di questa storia tanto lunga.

Come è nato questo rapporto così fecondo?
Tutto è stato piuttosto rapido. Abbiamo conosciuto Jean-Francois alla fine dell’anno scorso e da lì abbiamo colto l’opportunità che ci ha offerto di acquisire la sua azienda. L’acquisto si è concretizzato a maggio e da settembre è iniziata la vera avventura. Tre riconoscimenti in meno di tre mesi non è male. Il merito comunque deve essere dato a Jean-Francois e Joel, che hanno saputo guidarci molto bene attraverso la loro storia, permettendoci di portare avanti il loro successo

Dopo un inizio così fulminante immagino che il futuro sia di non facile lettura.
“Il futuro dovrà proseguire su questa strada senza indugi. Abbiamo creato in pochissimo tempo un affiatamento davvero grande e questo non può che fare bene. Vogliamo rispettare questa storia, desideriamo portarla avanti e soprattutto abbiamo in animo di dare seguito a dei progetti di Rey che erano già in via di sviluppo, rendendoli realtà. Insomma il lavoro non manca e le prospettive neppure.

Tradizione, innovazione, design, sono i tre elementi che vi hanno guidato anche in questi giorni a Firenze.
“Sì, elementi che permettono di portare a casa un bel premio, una grandissima soddisfazione e la consapevolezza che anche in Italia i nostri occhiali sono apprezzati e che mettere bene insieme la storia con l’innovazione e il design può portare a grandi soddisfazioni.

Silvia Fresco, designer In Sana


Non c’è dubbio che questa edizione del Graziella Pagni sia all’insegna dei giovani e delle nuove tendenze. Tanto che fra le persone di spicco in materia di design emerge Silvia Fresco giovane designer che si è fatta notare per la sua produzione moderna e per certi versi dirompente

Come nasce la sua passione per il mondo degli occhiali?
“La passione per il mondo degli occhiali è il risultato di avere un papà che in questo mondo ci lavora e anche della scelta di seguire studi di design del prodotto a Milano seguiti da una permanenza a Londra dove ho lavorato per un brand famoso per l’innovazione nel mondo degli occhiali. Da tutto questo è nata In sana, il mio marchio che ha pochi mesi di operatività sulle spalle. Da qui sono nati i miei primi schizzi di occhiali. Mi sono confrontata con l’esperienza di mio padre nel settore e da lì è nata l’idea di fare dei prototipi che una volta realizzati ci hanno convinto che erano da condividere con il settore dell’occhialeria.

Da qui la nascita di In Sana. Perché questo nome?
“In Sana significa Nel Suono. Un nome che ha una sua ragione nel fatto che è il suono uno degli elementi che ci guida nel nostro percorso di vita. Così le nostre collezioni rispondono a delle fasi e non a delle stagioni. Svincolarsi dalle stagioni significa poter proporre una collezione solo quando riteniamo abbia dei motivi per essere condivisa, possa suscitare interesse.

Anche questo è un segno della sua giovane età: svincolarsi dalle abitudini consolidate
“Credo che il mondo dell’occhialeria sia meraviglioso e anche sottovalutato soprattutto dall’utente finale. Credo che l’occhiale possa comunicare ai giovani, ma non solo, molto più di quanto viene percepito oggi. Oggi questo non è un processo ancora completo. Per questo cerchiamo di condividere il nostro punto di vista con questo mondo. A volte sovvertendo un po’ le regole altre volte sfruttando l’esperienza nelle fasi produttive. In ogni caso però a differenza di molti altri a guidarci è l’aspetto artistico. Siamo poco avvezzi ai concetti che costringono spesso l’industria entro binari molto rigidi. Quindi se un occhiale non lo sentiamo profondamente nostro, non lo mettiamo in collezione.

Roberto Pregliasco, relatore del convegno

Sicuramente Roberto Pregliasco è una delle figure più eclettiche del mondo dell’ottica, dove oltre alla professione di ottico optometrista e di docente universitario, ha sviluppato il lavoro di Business&Retail Coach. Fra i relatori della giornata fiorentina Pregliasco è senza dubbio la persona più adatta a fotografare il mondo attuale.

Per prima cosa, le sue impressioni sulla giornata di Firenze
“Il primo aggettivo che mi viene di getto è emozionante. Perché è davvero stata una giornata emozionante, non solo per la cornice che ci ospita, ma anche e soprattutto perché oggi c’erano moltissimi ottici pronti a rincontrarsi e ad ascoltare. E sono ottici da cui è passata parte significativa della storia italiana di questo settore. Penso che l’organizzazione sia stata pressoché perfetta ed elegante, perché è stato in grado di dare visibilità ai brand indipendenti.

Quale il giudizio proprio sugli indipendenti?
“Sono cresciuti non solo nel disegno ma anche nella capacità di crescere insieme all’ottico. I due anelli che in alcuno casi sono deboli, si possono rafforzare insieme per affrontare il mercato. Il mercato vuole qualcosa di diverso, che abbia una storia. Il mercato vuole una montatura etica che sia costruita in maniera trasparente, dove ci sia la tracciabilità di tutto il prodotto e dei suoi componenti.

Oggi abbiamo visto tanti giovani
“Sì, tanti giovani che rappresentano il futuro. I giovani hanno bisogno di noi e della nostra storia e della storia che c’è nell’occhiale. Purtroppo a volte l’occhiale è rappresentato come un oggetto globalizzato e banalizzante. Invece dietro ci sono menti che l’hanno pensato, mani che l’hanno lavorato, fatica, investimenti. Sono cose che i giovani devono imparare. Ma non c’è scuola migliore che visitare le fabbriche per conoscerle. È fondamentale capire guardando la realtà produttiva. I giovani devono formarsi e capire dove stanno le differenze di produzione, cosa significa un prodotto 100% made in Italy. Questi sono i temi che dovremo affrontare in futuro, magari in un progetto itinerante.

Conoscenza quindi come strumento per superare la banalità
“Sicuro è così. La conoscenza per poter decidere, per poter scegliere. Senza conoscenza si finisce per farsi guidare lungo binari non sempre ideali per garantire qualità ai nostri clienti. I nostri giovani non solo devono studiare ottica, fisica e analisi matematica per completare gli studi. I giovani devono conoscere le aziende e la produzione, perché accanto alle lenti saranno loro a dover spiegare gli occhiali ai clienti.

Piero Buono e Francesco Maria Stazio di Good’s

Con la loro Dimention-X il duo napoletano che guida il marchio Good’s si è presentato a Firenze con una proposta che si è meritata il Gran Prix of Elegance. Un riconoscimento che ben si accompagna alla filosofia culturale che sta dietro questa maison dell’occhiale che si propone con obiettivi diversi da chiunque altro.

Avete vinto il premio dell’eleganza, ci spiegate su quali fondamenta poggia la vostra unicità in materia?
“Spesso quando si parla di eleganza si dimentica la vera essenza del concetto. Che è la capacità di rappresentare una realtà stando al di fuori del tempo. Per noi è un modo di porci e progettare gli occhiali. Alla base di ogni nostro occhiale c’è una ricerca storica. In questo caso si tratta di una collezione dedicata all’architettura e ogni occhiale è pensato seguendo lo stile di un architetto famoso, interpretandolo. La prima collezione è dedicata agli architetti napoletani e quindi sta qui la particolarità.

Niccolini, Sanfelice, Vanvitelli sono solo alcuni nomi..
Sì, ogni occhiale racconta la cultura espressa da quell’architetto. Inoltre sono occhiali tutti ecosotenibili e realizzati proprio per essere pezzi da collezione. C’è un’idea di progettazione e realizzazione agli antipodi rispetto al consumismo e alla banalizzazione dilagante. Ogni pezzo è ricavato da materiali che ci permettano di ragionare rispetto al nostro impatto sul pianeta su cui viviamo. Se ci pensa, oggi il nostro impegno deve essere orientato alla riduzione del peso dell’uomo sull’ecosistema. Per questo pensiamo che si debba imparare ad avere meno oggetti da usare e gettare con facilità, tornando a utilizzare prodotti che hanno una bellezza e un valore intrinseco importanti. E che, visto che non possono più essere oggetti da consumare, abbiamo anche un valore estetico ed emotivo importante.

Sicuramente un modo diverso di vedere il futuro e di passare nel mondo
“Si, e lungo questa strada svilupperemo anche il nostro stand al MIDO. Questo sarò caratterizzato da una gigantografia sullo sfondo realizzata come del resto tutto lo stand con materiali di riciclo (in questo caso riciclo architettonico). Quest’opera una volta terminata la fiera sarà suddivisa in 90 pezzi e data a novanta ottici con una certificazione di autenticità da parte dell’artista. In questo modo ciascun ottico avrà un pezzo dell’opera complessiva e, chissà mai, se tutti si mettessero d’accordo potrebbero ritrovarsi per ricomporre l’intera opera. Anche questo a nostro avviso è un simbolo di come l’approccio giusto sia quello di non sprecare e di poter riutilizzare.

Luca Brayda – Glassense


Luca Brayda è un ricercatore dell’IIT di Genova ed era presente a Firenze per via di un paio di occhiali che rappresenta l’anello di congiunzione fra strumento ottico e dispositivo acustico, pur non essendo un dispositivo medico inteso nel modo più tradizionale.

Dr. Brayda, ci può spiegare cosa sono questi occhiali così particolari?
“Glassense è il primo occhiale che mette a fuoco la voce. Infatti al suo interno c’è una tecnologia particolare e molto sviluppata che permette di mettere a fuoco solo la voce della persona che si sta guardando in un determinato momento. In questo modo che ha problemi di udito, ma non ha ancora necessità di intervenire con apparecchi acustici, può migliorare sensibilmente la propria qualità della vita.

Può fare un esempio pratico?
“Immaginiamo di essere in un contesto in cui ci sono molte persone: ad esempio una cena di gruppo. Voci ovunque e magari una certa difficoltà a percepire in modo sufficiente quello che le sta dicendo un commensale. Con questi occhiali nel momento in cui lei guarda verso la fonte della voce che desidera ascoltare, questa viene intercettata, amplificata e le altre invece sono messe in secondo piano. In questo modo chi indossa gli occhiali può rendere selettiva la scelta della fonte da ascoltare. Basta guardare verso la sorgente del suono.

Come si ottiene questo risultato sotto l’aspetto tecnologico?
“Ci sono in questo modello otto microfoni incorporati. Si tratta di microfoni miniaturizzati inseriti lungo tutta la montature che però permettono di seguire la fonte verso cui si guarda. La persona che indossa gli occhiali sa che l’amplificazione del suono riguarda le fonti che arrivano da posizione frontale rispetto all’occhiale. Questo significa che sarà sufficiente guardare verso la sorgente del suono per sentirla amplificata.

Tutta questa tecnologia sta in un occhiale assolutamente normale?
“Sì, è stato fatto un gran lavoro di miniaturizzazione e così oltre ai microfono l’occhiale è dotto di sensori di movimento per orientare meglio le aree di ascolto, nonché due prese USB-C che servono a ricaricare di energia elettrica i sistemi interni all’occhiale stesso. Esattamente come un telefonino. Quindi non è uno smart glass, ma qualcosa di assolutamente diverso.

Perché?
“Lo smart glass è un occhiale che permette di fare anche altre cose normali come ascoltare la radio o riprendere immagini. Se vogliamo possiamo dire che lo smart glass è un prodotto leisure. Qui invece abbiamo realizzato un oggetto che serve a creare un miglioramento della qualità della vita di chi lo indossa, unendo campo visivo e campo di ascolto, pur non essendo ancora un ausilio medico. Ovviamente la parte acustica posso modificarla a mio piacimento modificando il volume, definendo meglio le mie priorità. Insomma è un prodotto davvero destinato a fare da ponte verso il futuro. Quindi non solo potenziamento sensoriale ma anche miglioramento del potenziamento stesso. È un po’ come pensare a un cannocchiale acustico.

Utilizzatore ideale?
“Chiunque frequenti aree affollate ( dai ristoranti ale riunioni d’ufficio o di famigila) in cui riconosca di avere qualche fastidio nel dovere concentrarsi su una sola voce. Oppure persone con lievi, ripeto lievi problemi di udito tali da non richiedere l’intervento di un apparecchio acustico.

Lo producete in Italia?
“Tutto in Glassense è italiano: l’idea, lo studio finanziato dalla regione Liguria e la start-up che ha fra i suoi investitori il Comune di Genova e imprenditori assolutamente tutti italiani.

Alessia Bellotti, Omisan Farmaceutici, Stefano Tottone, Schalcon

L’appuntamento di Firenze è stata anche l’occasione per rendere ufficiale la scelta fatta da Omisan Farmaceutici e Schalcon, di unire le proprie forze per potere affrontare un mercato sempre più impegnativo, globalizzato e affamato di investimenti con la massima tranquillità.

Sig.ra Bellotti il suo punto di vista su questa operazione qual è?
“L’obiettivo che Omisan si è posta è lavorare per la cura e il benessere oculare. E questo è ciò che facciamo da moltissimi anni. È chiaro che la possibilità di unire alle nostre forze quelle di Schalcon è importantissima per poter sviluppar insieme nuovi prodotti, per poter mettere in comune le conoscenze e per riuscire a avere un impatto sul mercato ancora più significativo grazie soprattutto alla profonda conoscenza che Schalcon ha sviluppato nel corso degli anni nel settore della contattologia. Ci integriamo e completiamo vicendevolmente

Sig. Tottone, questa unione non è una acquisizione ma una scelta consapevole fra due aziende che operano sul medesimo mercato
“La decisione di fonderci non potrà fare altro che bene, perché si tratta di mettere a punto le opportunità che vengono offerte. In particolare parlo di sinergie, di investimenti ed esperienze. Credo sia stata una mossa lungimirante da parte di entrambi gli attori in causa. Anche perché la gamma di prodotti che insieme le due realtà mettono a disposizione è davvero molto ampia. E’ una offerta che ha un proprio significato nel fatto che sempre più sono necessari prodotti che proteggano l’area lacrimale, non solo per chi utilizza lenti a contatto, ma anche per coloro che ogni giorno fanno uso di strumenti moderni come smartphone, computer e tablet: praticamente tutti noi. Credo che per gli ottici sia una ottima occasione di avere un interlocutore unico per tutto il processo di cura e benessere dell’occhio. Il desiderio è diventare il punto di riferimento in questo campo.

Anna Poggianella, ottico optometrista

Anna Poggianella è parte attiva dell’azienda di famiglia che è ormai giunta alla terza generazione e già guarda alla quarta. L’azienda di famiglia, nata nel 1950 come negozio di fotografia, che oggi può contare su una realtà di oltre 500 metri quadrati e un gruppo di venti dipendenti.

Signora Poggianella, lei forte della sua esperienza è stata fra le pochissime ed avere affrontato la vicenda della didattica a distanza, pensando a qualcosa di specifico per i più piccoli.
“Sì, la didattica a distanza è stata un muro davvero difficile da superare per molti e per tanti altri addirittura un muro non valicabile. Così, approfittando del calo di lavoro da Covid mi sono inventata una App che in Italia non esisteva ancora e che ha il compito di ricordare ai più piccoli, ma in effetti a chiunque stia davanti a uno schermo che dopo venti minuti è necessario distogliere lo sguardo per fare un break e degli esercizi fisici oculari. Il tutto per combattere secchezza oculare data dallo schermo. La secchezza arriva quando si presenta un’attenzione verso lo schermo e quindi una diminuzione dell’ammiccamento cioè di quelle azioni automatiche che servono a tenere umido l’occhio.

Quindi un problema davvero di tutti, quanta conoscenza c’è a suo parere nel mondo dei consumatori di questa necessità e quanto l’ottico è in grado di spiegare questa necessità ai suoi clienti?
“Purtroppo la conoscenza del fenomeno è molto bassa, ma la mia partecipazione a Federottica e le altre attività che svolgo a livello sociale in ambito locale mi hanno permesso di sensibilizzare non poco, soprattutto i più piccoli, su questo argomento. Sembra una cosa secondaria, ma non lo è assolutamente. Anzi. La salute della vista e dell’occhio partono anche da cose semplici e banali come queste. Sappiamo bene che chi passa troppo tempo davanti al computer potrà avere in futuro probabili disturbi alla vista. Si calcola che nel 2050 rischiamo davvero un’epidemia a livello globale di soggetti miopi. È il prezzo che si paga con l’eccesso di utilizzo di strumenti digitali. Qui c’è un grande lavoro da fare in materia di educazione alla prevenzione anche nei genitori.