Museo dell’OcchiAle: viaggio stupendo nel tempo

Introduzione a una visita indispensabile per chiunque lavori nel mondo dell’occhiale o sia appassionato di questo oggetto e della cultura ( tecnologica, sociale e industriale) che esprime.

“Bisogna conoscere il passato per capire il presente e orientare il futuro”. La frase è di Tucidide (460 – 395 a.c.) scrittore e militare ateniese, vissuto nel V secolo avanti Cristo e reso immortale dal suo capolavoro dedicato ala Guerra del Peloponneso. Insomma non uno da poco, non un opinionista da social group o da Grande Fratello. Uno serio si direbbe oggi.

Il riferimento a Tucidide non è una ricerca della citazione saggia, ma un vero modo di approcciare le cose che ci circondano. Così convinti che la conoscenza sia la strada maestra per superare i momenti difficili ed affrontare il futuro con più frecce nella propria faretra abbiamo pensato che fra le mille attività che illuminano ogni angolo della nostra penisola ce ne fosse una da conoscere e da far conoscere meglio. Anche perché si tratta d’una iniziativa che ha alle spalle molti anni e non solo non li dimostra, ma si presenta come un vero punto di riferimento per tutti coloro i quali desiderano capire un po’ di più il fenomeno della nascita e della crescita dell’industria dell’occhiale italiano che ha segnato nel bene decenni della storia di distretti industriali nel nord est. Non sappiamo se sia o meno un caso, ma ci piace pensare che il Museo dell’occhiale che oggi sta in un bell’edificio di Pieve di Cadore, abbia in sé un filo diretto con una casa che dista solo poche centinaia di metri: la casa natale di uno che di cose belle se ne intendeva: Tiziano. Lasciamo da parte queste evoluzioni cerebrali e immergiamoci nella storia e nei perché di questa istallazione che chiunque abbia a che fare con il prodotto occhiale per motivi professionali – anche solo per curiosità e crescita personale – dovrebbe conoscere e visitare.

Tutta la vicenda del Museo dell’occhiale ha inizio quasi per caso. Era il 1956 e a Cortina, pochi chilometri da Pieve si stavano svolgendo le Olimpiadi invernali, quelle in cui brillò l’astro di Zeno Colò. Come di consueto erano previsti eventi di contorno alla manifestazione sportiva e proprio a Pieve di Cadore fu organizzata la prima”mostra dell’occhiale attraverso i secoli”. La mostra, che rappresentava una delle caratteristiche peculiari del territorio cadorino ebbe un buon successo di pubblico. Tanto che non molto tempo dopo fu riproposta anche a Padova, negli spazi dell’Università. A curare il contenuti della Mostra fu Enrico De Lotto che, visto l’interesse e il successo ottenuto iniziò a pensare e organizzare la nascita di un museo nazionale dell’occhiale in Cadore.

Così l’idea del museo nazionale dell’occhiale iniziò il proprio lungo viaggio che solo molti anni dopo, nel 1990 trovò la meritata realizzazione. D’altra parte quando si parla di Cadore o ci si riferisce alle bellezze naturali e alle sue montagne o se si approccia il mondo dell’industria si finisce per convergere inevitabilmente verso il mondo degli occhiali. Di questo erano certi non solo i promotori ma anche le realtà economiche della zona che cooperarono senza sosta per dare dimora al desiderio di riconoscere il ruolo sociale ed economico che il prodotto occhiale ha in Cadore da oltre un secolo. Regione Veneto, banche e casse di risparmio locali la comunità montana e l’ANFAO e tanti altri ancora. Inizialmente a Tai di Cadore il Museo dell’occhiale ha traslocato e rinnovato nell’allestimento nella attuale sede di Pieve nel 2007 quando la Fondazione Museo dell’occhiale, sorta nel 1996, ne decise lo spostamento nella la sede attuale.

Suddiviso in due aree tematiche molto ben distinte e entrambe di grandissimo interesse storico, il Museo dell’Occhiale propone un’area dedicata alla nascita e alla storia del prodotto occhiale e degli strumenti ottici, mentre un’altra è imperniata sulla storia e sullo sviluppo del distretto industriale nella provincia di Belluno. Sinceramente siamo rimasti affascinati dalla ricchezza di informazioni e dal racconto di come è iniziata una vicenda che affonda le proprie radici nella seconda metà del XIX secolo. La visita inizia con una voce che prende di sorpresa:”Petenér! Petenér!”grida quella voce ed è la voce che mette in relazione i venditori ambulanti di pettini in osso con la loro voglia di affrancarsi dalla severità delle montagne e delle scarse opportunità che offriva iniziarono a emigrare stagionalmente per vender i propri prodotti nelle province della Pianura Padana fino a spingersi alla foce del Po. E fu proprio da questi uomini che prese forma la prima fabbrica di occhiali: la realizzarono nel 1878 a Calalzo di Cadore in tre: Angelo e Leone Frescura Petenèr (spesso in Cadore il cognome è affiancato da un termine che facilita la riconoscibilità della famiglia. In questo caso Petenèr è proprio la conferma che il punto di partenza furono dei venditori ambulanti di pettini in osso e chincaglieria) e Giovanni Lozza, che di mestiere faceva l’arrotino (moléta, in dialetto) ma era anche esperto di meccanica.

A finanziare la nuova attività i denari guadagnati da Angelo Frescura con il lavoro di ambulante e con il negozio che aveva aperto a Padova per vendere le sue chincaglierie e anche occhiali provenienti dalla Francia. Inizialmente il loro lavoro è di molatura di lenti prodotte in Francia e il loro inserimento in montature metalliche provenienti dall’Austria. La prima sede della nuova fabbrica è lungo il torrente Molinà in località Le Piazze, dove un vecchio mulino che produceva olio di noci fu adattato alla nuova attività. Nonostante si stia parlando di 140 anni fa, i tre soci avevano già ben chiaro il concetto di marketing e in occasione della vacanza che la regina margherita fece in Cadore nel 1881 i tre le regalarono un paio di occhiali di loro produzione con montatura in oro e lenti”fumé”: un capolavoro di artigianato.

Le vicende di quel primo impianto produttivo incontrano ben presto i rigori della natura e solo un anno dopo la visita della regina Margherita una alluvione distrugge tutto. Così si decise di ripartire spostando la produzione in una nuova area ricavando la nuova fabbrica in un altro mulino per il grano sempre in località Molinà di Calalzo. Nel 1885 quella fabbrica dava lavoro a venti operai e poteva contare su una attrezzatura di quattro mole per la lavorazione, due per la pulizia, due torni e quattro seghe circolari producendo più di cinquecento occhiali al giorno! Quello stabilimento fu il nucleo da cui si sviluppò nel corso dei decenni la Safilo.

La vera svolta verso l’industrializzazione del settore e la vera a propria affermazione del distretto dell’occhialeria cadorina, avvenne con il passaggio del laboratorio di ottica dei Frescura e Lozza all’imprenditore Enrico Ferrari e altri due soci. Le cose però non furono giudicate sufficientemente redditizie per i due soci di Ferrari che decise di restare solo al comando della azienda che si sciolse nel 1901 dopo averne fatto un esempio di innovazione tecnologica per i tempi. Alla fine dell’epoca Ferrari, Ulisse Cargnel che da molto tempo lavorava per Ferrari decise di fondare una sua azienda insieme a un socio. Alla morte di quest’ultimo nel 1905 Cargnel proseguì da solo l’attività imprenditoriale segnando un altro punto importante nella crescita del comparto dell’occhiale in Cadore: fu proprio in quel periodo che si affacciò il concetto di formazione professionale, tanto che in quella azienda nacquero le prime figure di capo reparto e si formò anche il personale specializzato.

D’altra parte con una realtà che oramai dava lavoro a duecento operai in grado di produrre 4000 lenti e 2000 occhiali al giorno divenne chiaro che lo spazio di crescita c’era ed era parecchio. Anche perché Cargnel era nel frattempo diventato un campione dell’export che gli consentiva di esportare i suoi prodotti non solo in Europa ma anche nella lontana (per allora) America Latina.

La produzione cresceva e dalla Cargnel iniziavano a nascere le prime realtà create da persone che in Cargnel avevano imparato il mestiere. Così nel 1912 i fratelli Giuseppe e Lucio Lozza diedero vita alla propria realtà produttiva seguiti da molti altri. Fra questi Giorgio Fedon che nel 1919 fondò la Fedon Astucci o Filippo Ilpo che dal 1920 iniziò a produrre lenti. Accanto però alle realtà che si erano specializzate in attività specifiche comunque parte della filiera produttiva dell’occhiale, nel 1934 nacque – sempre dall’esperienza originaria di Cargnel – la Società Anonima Fabbrica Italiana Lavorazione Occhiali (SAFILO) in cui i principali azionisti erano Guglielmo Tabacchi, Ermenegildo Da Cortà Fumei, Odilone Bernabò e Nicolò Rossi.

Accanto al percorso societario, nel Museo dell’occhiale è possibile seguire anche una sorta di viaggio attraverso le attrezzature produttive, la vita degli operai, le tecnologie e i materiali di produzione. È il caso dello spazio dedicato alla celluloide che coincide con la affermazione di un altro marchio che ben consociamo oggi: Lozza. Fondata dai figli di Giovanni Lozza l’azienda che per motivi bellici si era dovuta spostare a Milano durante la Prima Guerra Mondiale, alla fine del conflitto torna in Cadore potendo contare sui propri sette operai. La crescita della celluloide fu vincente e nel 1923 la Lozza dava già lavoro o oltre 500 operai. Qui si inserisce u altro aspetto della crescita del distretto cadorino: la questione sociale. I 500 operai di Lozza erano tutti assicurati e godevano di un ambiente di lavoro evoluto e sicuro. Un passo in avanti non solo nella crescita industriale ed economica del territorio, ma anche nella protezione sociale dei lavoratori. Così nel percorrere le aree del museo si può seguire anche il trasformarsi della società civile. Dalle prime forme di assicurazione e di prevenzione per gli infortuni sul lavoro, al ruolo delle donne sempre crescente in una tipologia di prodotto in cui l’apporto femminile è determinante. Ma non solo: ci sono storie che riportano al lavoro minorile che più di cento anni fa era abitudine non certo disdicevole. Chi riusciva a terminare le scuole elementari veniva poi avviato al lavoro. Come ad esempio Calisto Fedon che iniziò a lavorare presso la ditta Ferrari all’età di 11 anni.

Una vicenda, quella sociale che finisce per intrecciarsi con le questioni tecnologiche del tempo. Infatti è proprio attorno al 1910 che fa la sua apparizione in Italia, la celluloide, un prodotto di origini americane derivato dalla lavorazione del petrolio. Si potrebbe quasi affermare che un nuovo impulso alla crescita del settore viene dato proprio da questo materiale che però ha in sé molti aspetti pericolosi sotto il profilo ambientale e della salute di chi lo lavora.

Abbiamo deciso di raccontare solo ciò che si incontra nei primi passaggi all’interno del Museo dell’Occhiale per un motivo molto semplice: riteniamo che con le parole non si possano sempre descrivere le emozioni che ciascuno di noi prova entrando in un percorso storico di grande importanza per i nostro Paese. Perché se è vero che il viaggio attraverso il tempo che il Museo dell’occhiale propone narra con grande efficacia tutti i passaggi del distretto cadorino, racontando aziende e periodi di crisi, lotte sociali e innovazione tecnologica, è altrettanto vero che questa vicenda di uomini intelligenti, ispirati, un po’ matti e anche un po’ testardi, ma sicuramente innamorati di ciò che facevano, rappresenta al meglio diverse generazioni di lavoratori di ogni genere che sono stati capaci di aprirsi al futuro. Spesso inventandosi quello stesso futuro verso cui stavano correndo. Il museo dell’occhiale è la perfetta traduzione storica delle vicende dell’Italia. Per questo crediamo sia una esperienza fondamentale per ciascuno di noi. Perché non si tratta di visitare istallazioni che raccontano epopee di dinastie che si perdono nei secoli. Non siamo davanti a eroi dei giorni recenti o attuali. Siamo davanti a una storia meravigliosamente italiana di cui noi tutti dovremmo essere più consci e soprattutto più orgogliosi.