Una famiglia di prodotti molto precisa e ben equilibrata, capace di assecondare i desideri e le necessità di una clientela estremamente ampia, ma al tempo stesso esigente nel rapporto fra prezzo e qualità. Ce la racconta Raffaella Da Riz.
Il lungo periodo trascorso fra quarantene e restrizioni più o meno significative non ha indebolito né lo spirito, né tanto meno le ambizione di Raffaella Da Riz, che da anni guida le esportazioni di GO eyewear Group e che è protagonista certa delle splendide performance e delle innovazioni che l’azienda con sede ad Alpago continua a proporre, anzi, a sfornare a ritmo incessante.
È proprio con Raffaella Da Riz, CEO di GO EYEWEAR, che iniziamo la nostra conversazione.
Il punto di partenza è necessariamente Ana Hickmann, un brand centrale rispetto alla vostra presenza sul mercato.
“ Sì, in effetti è per noi il brand principale anche se lo stiamo affiancando con un marchio italiano non meno significativo, Trussardi, per il quale abbiamo recentemente firmato un accordo di licenza. Comunque Ana Hickmann per certi versi rappresenta la sintesi perfetta dell’occhiale di livello, grazie anche agli oltre trentacinque modelli – di cui undici in titanio – che compongono la collezione e che, nel caso dei modelli da sole, spesso sono dotati del sistema duo fashion, ovverosia la possibilità di cambiare il colore dell’astina. Si tratta di un brevetto che di conseguenza è presente solo sui nostri occhiali e che, oltre tutto, funziona molto bene.
Ci sono vostri brand che hanno interpretato sempre molto bene il mercato.
“ Sì, il caso dell’uomo T Charge è un esempio molto interessante di capacità di leggere il mercato. Se pensa che la T nel nome era sinonimo di titanium fin dalla nascita del brand nel 2010. Poi dal 2016 le cose sono mutate e oggi T Charge è e rimarrà un prodotto dedicato all’uomo di classe, ma non – verrebbe da dire così – ingessato. Nel senso che il cliente tipo di T Charge è elegante ma al tempo stesso capace di muoversi anche fuori dai canoni più classici.
Però voi siete presenti con marchi in diverse fasce di mercato
“ Sì, è una scelta molto bene meditata e che sta dando i suoi frutti. L’esempio più eclatante è Jo&Margot, il prodotto made in Italy, anzi, made in Cadore, realizzato con materiali di alto livello e con una cura dei dettagli davvero spasmodica. Questo ci permette di potere essere presenti in una fascia di mercato in cui, pur non sconfinando nel lusso assoluto, offriamo prodotti di un livello qualitativo superiore. A noi appartiene il mondo della qualità e dello stile. Anche il marchio Trussardi, che è entrato recentemente nella nostra scuderia, confermerà questa scelta. A questi poi, vanno aggiunti altri marchi che hanno proprio il compito di mettere l’ottico nelle condizioni di avere un referente principale con cui dialogare, indipendentemente da quale sia la fascia di mercato da considerare in quel momento.
Non è poi tanto male per un ottico avere un fornitore capace di dargli una gamma ampia e di qualità certa da offrire ai propri clienti. Un esempio è Bulget, che è il tipico prodotto con un ottimo rapporto tra qualità e prezzo. Anzi, potremmo definire Bulget come il brand adatto alla famiglia e che copre tutte le necessità di quel genere di clientela. Prodotti concreti e belli da vedere e indossare. Oltre tutto con una gamma che parte dal bambino e passando per il ragazzo, arriva fino agli adulti.
La scelta di offrire prodotti di livelli differenti cosa comporta?
“ Quando parliamo di prodotti di livelli differenti ci riferiamo comunque a prodotti di qualità, indipendentemente da dove vengano assemblati. La qualità è la base su cui abbiamo scelto di sviluppare il nostro lavoro. Proprio a questo proposito: l’arrivo di un marchio storico della moda italiana quale è Trussardi , ci fa addentrare nel mercato delle licenze di grandi griffe , che, in effetti, se di lusso possiamo parlare, lo è solo in seconda battuta, in prima c’è la qualità ed il design che interpreta un grande marchio della moda italiana.
Al di là del prodotto, parliamo anche di mercato: visto che voi siete una realtà internazionale, come la avete interpretata?
“In questi ultimi anni abbiamo lavorato moltissimo lungo due direttrici. La prima è far comprendere che il nostro è un prodotto di qualità da sempre, anche se le origini (escluso Jo&Margot) sono asiatiche. La qualità si conquista passo dopo passo e con essa viene la credibilità. Non si può essere credibili senza avere un prodotto a supporto. Noi avevamo un buon prodotto che però andava un po’ occidentalizzato. Questo non si riferisce solo al posizionamento economico del prodotto, ma alla formazione dei nostri agenti e alla molte filiali che abbiamo in giro per il mondo. Il secondo aspetto su cui abbiamo operato è la distribuzione e la capillarità dell’offerta.
Ottenuta anche attraverso un lavoro di selezione e di formazione molto significativo. A questo poi si deve aggiungere quello che io ritengo un punto di forza, Jo&Margot: un occhiale di fascia alta che è realizzato completamente in Italia, anzi, come dicevamo prima, in Cadore. Per noi che spesso in passato siamo stati visti con diffidenza, questo è un passo importante. E ne seguiranno altri.
Un altro aspetto è la volubilità del mercato, come si affronta?
“ Direi con tanta capacità di reazione e voglia di fare. Il mercato cambia sempre più in fretta e sempre più radicalmente da una stagione all’altra. Si deve essere pronti e reattivi. Si deve interpretare ogni minimo segnale ed esser pronti a dare al mercato ciò che si aspetta. Deve diventare più breve il time to market e anche le consegne devono essere adeguate rispetto a ciò che chiede l’ottico. Sia per il sole che per la vista. Non ci si può più permettere tempi di consegna non in linea con le richieste dei distributori.
Ma il vostro è un lavoro fatto anche di capacità di seguire il mercato e i tempi non possono essere compressi più di tanto.
“ Invece no, si riesce a incidere anche su questo aspetto, semplicemente cercando di capire in anticipo ciò che il mercato chiederà. Facciamo due eventi ogni anno per presentare le nostre offerte ai clienti; devo dire che già in questa fase si comprende in che direzione andranno le richieste del mercato. Così ci organizziamo e ci prepariamo. Acquistando materiali, orientando la produzione. Certo non è una cosa facile e neppure comoda, ma si può fare senza impazzire. L’altro aspetto fondamentale è dare i campionari agli agenti in tempi rapidi e anche su questo aspetto siamo molto attenti. I nostri campionari devono essere pronti e consegnati il 2 gennaio e il 1 settembre. È una regola inderogabile.
Un ultimo aspetto che non deve essere tralasciato è la ricerca ai fini del rispetto ambientale. Voi come vi state muovendo?
“ In modo molto semplice: abbiamo un laboratorio di ricerca a Belluno, che ha proprio il compito di studiare i materiali innovativi. Non solo per la produzione dell’occhiale, ma per tutto il ciclo di vita del prodotto. Così, a Belluno sono stati individuati e messi a punto degli acetati particolarmente rispettosi dell’ambiente, ma anche astucci che non contengono plastica. Sono stati i primi a utilizzare plastiche bioetiche.
Quasi superfluo dire che la realtà di Belluno serve sia ai nostri produttori cadorini, ma anche alla fabbrica che sta in Cina, che non deve produrre oggetti meno curati o più inquinanti. Insomma, ci siamo organizzati in modo da essere anche qui, fra i primi della classe: ci piace fare le cose per bene.