Ha dato lo stile a generazioni di ragazzi e adulti con le sue collezioni di occhiali. Molti lo identificano con la nascita del mito Police, ma questo abruzzese forte e allo stesso tempo delicato, proprio come la sua terra, continua a stupire.
Non ci capita spesso di risalire in auto dopo una intervista così bella e così interessante con tanti stimoli per la testa. L’incontro con Bruno Palmegiani è stato tanto intenso da lasciare addosso il desiderio di raccontare tutto, ma proprio tutto. Però non basterebbero due riviste intere. Perché è davvero un personaggio fuori da ogni schema nel mondo dell’industria dell’eyewear e allo stesso tempo ne è un interprete perfetto, inimmaginabile nella sua visione tanto semplice quanto articolata sui dettagli, come sugli aspetti fondamentali del suo lavoro.
I motivi di questa ecletticità ( ma il termine è riduttivo) vengono in buona parte dalla sua evidente insaziabile curiosità. Che inizia a Popoli, paese dell’entroterra abruzzese dove da ragazzo organizzava ed era protagonista di spettacoli rock. Forse un po’ condizionato da un nonno musicista amatoriale e da una mamma con voce da soprano. La sua vita si sviluppa in giro per l’Italia con esperienze diversissime fra loro (dalla moda a Torino, alle vendite a Roma) e (per ora) trova dimora in quel nord-est in cui sta di casa l’occhialeria italiana.
Una residenza a cui Bruno Palmegiani ha contribuito in modo determinante, sia sotto l’aspetto realizzativo, sia sotto quello del design sia infine, per ciò che concerne l’aspetto commerciale. Verrebbe da definirlo un guru del settore, se il suo apparire non fosse del tutto semplice e certamente non overstandig.
“Il mio arrivo nel mondo degli occhiali – ci racconta – fu davvero casuale. Tramite una vicina di casa di mia mamma venni segnalato alla Silor Italia (oggi Essilor) che proprio in quegli anni iniziava a distribuire sul nostro mercato le soluzioni per mantenere e disinfettare le lenti a contatto. Avevano necessità di un informatore scientifico che seguisse sia gli oculisti, sia gli ottici. Mi presentai e fui preso”.
Gli piaceva quel mondo e gli piacevano soprattutto gli occhiali, tanto che ingranò subito e bene. Così il suo capo un giorno gli propose di andare a gestire la filiale di Torino. A Bruno Palmegiani però l’idea di ritrovarsi in un ufficio senza i suoi contatti con il mondo degli oculisti e degli ottici stava stretta. Chiese di rinunciare al ruolo che gli veniva proposto per poter andare a fare il commerciale nella filiale di Roma, dove si stava liberando un posto. Così fu. Eccelleva nella capacità di costruire relazioni con i suoi clienti. Tanto che nel giro di poco tempo impararono a fidarsi ciecamente delle sue idee, delle proposte che faceva. Anche perché non era raro che gli venisse chiesto un parere anche nello stile di nuovi modelli da parte dell’azienda per cui lavorava.
“Sono stati anni bellissimi – ricorda Palmegiani – ero diventato molto più di un semplice venditore di montature di pregio. Il rapporto con gli ottici era tale per cui alla fine li aiutavo a impostare la vetrina, il modo di esporre la merce. Insomma da commerciale puro, ammesso che lo fossi mai stato, mi trasformai quasi senza rendermene conto in consulente di marketing. Gli occhiali sono in primo luogo un acquisto emozionale e quindi o sei capace di provocare questa emozione o non riesci a farti notare sul mercato che, dobbiamo ricordarlo, è ogni giorno più difficile e affollato”.
Una esperienza che si fece particolarmente utile quando decise di abbandonare il marchio per cui lavorava per abbracciare una nuova esperienza professionale legata a un marchio che stava nascendo. Una linea a cui però mancava una parte dedicata ai giovani che invece Bruno Palmegiani riteneva il vero punto di arrivo di una produzione di occhiali. A guidare quella azienda c’era una delle famiglie più note del settore: i De Rigo.
“Mancava in quel momento – ci spiega – la capacità di unire il design giovane con il sogno americano. Nel senso che la musica arrivava dall’America o comunque dal mondo anglosassone; la vita dei giovani era molto ispirata al sogno americano e non c’era un occhiale italiano capace di sintetizzare questa idea, di trasmettere il sogno americano sotto forma di emozione”.
Nacque un primo modello che avrebbe dovuto chiamarsi Rollerblade, ma era appena uscito il film e subito arrivarono anche degli occhiali con il medesimo nome: “Ripiegammo su un nome non molto differente: Rolling. Le vendite – spiega ancora Palmegiani – andarono benissimo e in poche settimane vendemmo a mani basse. Fui aiutato anche dal fatto che approfittando di un incontro apparentemente casuale con lo staff che lavorava per la Domenica Sportiva, feci in modo di fare avere a tutti un paio di nostri occhiali. Compreso il conduttore che era De Zan che portava occhiali da vista. Un colpo eccezionale. Forse una delle prime vere operazioni di marketing in questo settore. Solo che a quel punto il designer dei Rolling decise di cambiare strada e mi ritrovai a seguire sia il lavoro di ideazione che quello di produzione e commerciale. Una vita un po’ da matti ma sicuramente bellissima e piena di stimoli”.
L’America però era sempre nel cuore e nella testa di Bruno Palmegiani che non pago, diede vita a un nuovo modello da cui nacque subito una collezione. Il brand scelto è di quelli che da trent’anni identificano gli occhiali italiani di stile e buon gusto, con un livello di qualità superiore: Police. Un caso oggetto di studi e di pubblicazioni. Uno dei primissimi esempi di “made in Italy” nel senso moderno del termine.
“ L’idea – ci racconta ancora – era sempre il sogno americano. C’era però un problema che andava evitato assolutamente e che era stata prima la fortuna e poi la condanna di molti altri brand nel settore. Dovevamo evitare di identificare il marchio con un solo prodotto. In modo da coprire una tipologia di persone e volti estremamente ampia e variegata”.
Così in brevissimo tempo Police diventò una collezione di sette prodotti diversi. “ Un marchio – spiega Palmegiani – è un po’ come una villa Veneta: bellissima ma difficile da mantenere. L’idea si era rivelata giusta e ce l’avevamo fatta. Era il 1983 e a poco poco più di trent’anni, ero passato attraverso una serie di esperienze uniche che mi avevano infine portato esattamente dove volevo arrivare. Disegnare occhiali è una esperienza in grado di dare emozioni forti. Perché in un paio di occhiali c’è molto di più di uno strumento ottico. Dipende da noi e da come li immaginiamo”.
Stare fermo però non è parte del DNA di Bruno Palmegiani. Così nei tanti anni di vita dedicati a Police non solo ci furono molte collezioni ma anche idee nuove in grado di caratterizzare sempre più il prodotto dandogli linfa nuova e continua sul mercato. Come nel caso delle lenti a specchio, altro classico del marchio Police.
“Attenzione però – sottolinea Palmegiani – non lenti a specchio e basta: lenti blu a specchio. Una scelta che finì per rendere ancora più esclusivi e desiderati quei prodotti”.
Ogni stagione però termina per passare la mano a una nuova. E non a caso sullo schermo dello smartphone di Bruno Palmegiani iniziano a scorrere disegni (bellissimi, lasciatecelo dire) di occhiali ideati per aziende e marchi di tutto il mondo studiati ora che può dedicasi a tempo pieno alla ideazione di nuovi prodotti nel suo studio.
La corsa non rallenta e Palmegiani ha già in mente una sua linea di prodotti molto particolari e molto diversi da ciò che potremmo aspettarci. Un marchio di nicchia con prodotti molto curati e molto specifici.
“Non voglio inseguire i grandi numeri – ci spiega – preferisco fare ricerca nelle forme e nei materiali. Il desiderio è dimostrare ancora una volta che gli occhiali non sono solo un oggetto per vedere meglio o ripararsi dal sole, ma sono un modo di essere e di proporsi agli altri. Per questo sono ancora più importanti”.